Dal San Carlo al sequestro di Garibaldi
La sempre più numerosa clientela in transito sulle acque del Lago Maggiore costringe la « Società Lombardo- a prendere una decisiva risoluzione. Sardo-Ticinese. Dopo uno scambio di vedute tra gli azionisti stabilisce, in- fatti, in coincidenza con la scadenza del privilegio di navigazione, di rimpiazzare il vecchio « Verbano >> con altro piroscafo più veloce e più funzionale.
Il « Verbano » sa ormai di antico. Gli idilii intrecciati a bordo, in un'atmosfera di tenui raggi solari filtranti dalle vetrate colorate, non sono che il riandare a un'epoca che ha fatto il suo tempo. Le pareti, la vela, la macchina e la stessa scultura lignea simboleggiante il lago sono ormai stanche di navigare. Il timone, ormai logoro e provato, a stento si lascia governare dalla ruota di co- mando. Onore al «Verbano » che ha trasportato regnanti e poeti, generali e prelati, plenipotenziari e filosofi; che è stato modellato dalle mani dei più stimati artigiani; che ha inaugurato sulle acque dell'Alta Italia il servizio di trasporti pubblici quando navigare con macchina a vapore poteva ritenersi sogno diabolico e follia onirica: ora deve morire.
Così, nel 1841, l'impresa « Lombardo-Sardo-Ticinese>> commissiona alle officine Escher Wyss di Zurigo un nuovo battello a ruote e in ferro, con macchina a bassa pressione della forza di 32 cavalli. In brevissimo tempo il nuovo natante è allestito e pronto per la navigazione prendendo il Nome si San Carlo
Con il San Carlo la navigazione è resa, così, più spedita, ma non è possibile assecondare le crescenti richieste del pubblico con un solo natante. L'Impresa inoltra domanda e ottiene un secondo privilegio di navigazione per la durata di dodici anni, a partire dal 1° maggio 1843. Fa costruire a Zurigo dalle stesse officine Escher Wyss un battello a vapore, in ferro, della forza identica del « San Carlo », ma di forma più svelta e di maggior velocità, con macchina a bassa pressione e a cilindri oscillanti, cui impone, in me- moria del primo e non dimenticato battello a vapore, il nome di «Verbano »
Il comandante della divisione di Novara, in previsione delle difficoltà che si presenteranno allorché sul lago correranno ben due piroscafi, provvede a disciplinare il servizio dei barcaioli. Preso atto, infatti, delle richieste e dei suggerimenti che da Arona il signor Redaelli gli indirizza, dopo aver consultato tutti i sindaci delle città della sponda occidentale, impartisce ordini severissimi affinché il servizio sia svolto in modo esemplare. Espulsi dall'esercizio alcuni elementi ritenuti inurbani e inca- paci, in data 29 novembre 1843 comunica le misure adottate.
Controllato, così, il personale del servizio barche, in una atmosfera di trepidante attesa, il nuovo « Verbano pronto a Arona per il « lanciamento in acqua ».
Alle gloriose giornate del marzo 1848 segue, il 9 agosto, l'armistizio Salasco.
Garibaldi apertamente dichiara : « Giunse l'armistizio Salasco e tutti fummo sdegnati dalle degradanti condizioni. Vi era da morir di vergogna ».
Interpellati i suoi uomini, il generale prende la coraggiosa decisione di continuare da solo la guerra e con un violentissimo proclama, da Castelletto Ticino, interpreta l'eguale stato d'animo dei suoi volontari.
Il 13 agosto chiede mezzi di trasporto al comune di Castelletto e per eludere la sorveglianza fa spargere la voce di volersi dirigere in Svizzera; raccoglie le truppe e alle 4 del mattino del 14 agosto abbandona Castelletto puntando su Arona.
Arona, allorchè alle 6 del mattino giunge Garibaldi è già in festa. Essendo giorno di mercato dal lago provengono numerose imbarcazioni e nelle vie c'è parecchia animazione. Il «< Verbano » attende nel porto il segnale di partenza, quando all'ufficio del signor Redaelli giunge un laconico ma eloquente biglietto :
Signor Giacomo Redaelli,
Arona, 14 agosto 1848.
mettete con la maggiore brevità i due vapori di cui potete disporre a mia disposizione. G. Garibaldi ».
Gli avvenimenti incalzano: il signor Luigi Ponzoni capitano del Verbano II si pone ai suoi ordini; anche il capitano Vismara, comandante del «<San Carlo », nel frattempo giunto a Arona, offre il battello al generale. Garibaldi, requisiti in gran numero barche e barconi, li fa rimorchiare dai due battelli e alle 15,30, dato il segnale di partenza, si dirige alla volta di Intra ove giunge dopo le 17 accolto da grandi acclamazioni. All'altezza di Cannero la rotta viene deviata per de- stinazione ignota...
Mentre i Sardo-Piemontesi sono in festa qualcuno, però, a Arona è oppresso da gravi preoccupazioni: il signor Redaelli. « Quel nizzardo che rifiuta un armistizio, che si ribella al suo re, può essere simpatico, ma i piroscafi che fine faranno? Da natanti destinati al trasporto di pacifici viaggiatori, ora, trasformati in cannoniere, in rimorchia- tori, con a bordo irruenti volontari, come se la caveranno? ».
Alla fine prende una risoluzione e dato di piglio alla penna, decide di relazionare il comando di Novara.
Troppo tardi! A Novara già si sa tutto sul signor Garibaldi e sulle sue imprese: a onta di un lago grosso e un vento gagliardo i garibaldini sono approdati a Luino! Infatti a Luino il «< Verbano »>, al comando del maggiore Risso e il « San Carlo », al comando del capitano Parodi, all'alba del 15 agosto scaricano uomini e mezzi. Lasciati sotto custodia i piroscafi, Garibaldi respinge un battaglione austriaco e punta su Varese. Ma i tre Stati interessati guardano ai loro piroscafi con ansia.
Il Governo austriaco vede in essi un sicuro rifugio per Garibaldi, una base pericolosa e irraggiungibile da cui potranno partire pericolosi colpi di mano contro i presidii della costa lombarda.
Il Governo svizzero accusato dall'Austria di non essersi chiuso in una severa neutralità, fingerebbe di ignorare, ma gli azionisti della « Ticinese » reclamano al governo cantonale il mancato guadagno. La Sarda vive sulle spine in quanto teme di perdere definitivamente i natanti: l'ardimento dei garibaldini non conosce limiti nel sacrificare alla giusta causa i mezzi presi agli abitanti.
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